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Il 21 Marzo, Chiesa della  Magione  Palermo, ore 20.45,

Giovanni Sollima e Arianna Art Ensemble,

Francesco Colletti, Federico Brigantino, violini

Giorgio Chinnici, viola

Andrea Rigano, violoncello

Marco Lo Cicero, contrabbasso

Cinzia Guarino, clavicembalo

Paolo Rigano, arciliuto e chitarra barocca

Angelo Caruso, Michele Spadaro, corni

Alessandro Nasello, fagotto

 

 

Titolo del concerto :  “ Riscoperte “

 

programma racconta il sud e soprattutto gli spendori e la vivacità culturale della Napoli e di tutto il regno almeno fino alla caduta di Fredinando di Borbone.

Ci sono due miei ritrovamenti di virtuosi del violoncello/compositori oggi dimenticati incorniciati da brani miei, di Paolo Rigano e brani popolari la cui provenienza ed epoca stabilisce un ponte con una Sicilia senza tempo.

Di Giovanni Battista Costanzi (Roma 1704 - 1778) ho ritrovato già qualche anno fa tutta - almeno credo - la musica per violoncello che ho in parte registrato in due cd con l’Arianna Art Ensemble. Costanzi è una figura importantissima per il linguaggio violoncellistico e non solo; “Mandataro” - succeduto a Corelli - per il Cardinale Ottoboni, compositore di musica sacra tra i più prolifici, maestro di Luigi Boccherini. Romano ma con intensi rapporti con la Scuola Napoletana. Oltre alle Sonate per violoncello e basso continuo, a quelle per due violoncelli senza basso e alle Sinfonie per violoncello e basso continuo (un bellissimo spaccato dell’Europa musicale del ‘700) figurano quattro concerti - di cui uno per anni erroneamente attribuito ad Haydn (tra l’altro “amico” suo e di Ferdinando di Borbone), due lunghi e dalla scrittura violoncellistica assai evoluta e due assai brillanti e brevissimi. Al momento sto analizzando un quinto Concerto “senza firma” che, a giudicare dallo stile e da certe caratteristiche, sembrerebbe suo… Nel nostro programma abbiamo inserito il Concerto in fa maggiore, in tre brevi movimenti e con un Andantino “piccato” dal colore speciale.

La storia del Concerto in do maggiore per violoncello di Gaetano Ciandelli di Napoli, è piuttosto misteriosa, ho cercato invano per almeno 15 anni il manoscritto, ma nell’aprile 2020 ho trovato e letto un bellissimo libro; “La Scuola violoncellistica di Gaetano Ciandelli” della musicologa Enrica Donisi. Il libro racconta di una realtà assai vivace nella Napoli a cavallo tra il ‘700 e l’800 (del 600 e del 700 invece tanto si è scoperto) spingendosi anche un pochino oltre l’epoca della caduta di Ferdinando IV di Borbone. Ho anche contattato Enrica: Un’informazione che avevo già e che risultava su qualche testo ottocentesco era che Gaetano Ciandelli aveva studiato con Paganini, il quale così si esprimeva su di lui; “il primo violoncellista in Europa… un altro me stesso”. Nel libro trovo anche l’indizio per reperire il manoscritto: la Biblioteca del Conservatorio G. Verdi di Milano, più precisamente il Fondo Noseda.

Ma a quel punto c’erano più sorprese e alcuni dubbi (che avevo già prima) sull’identità, l’epoca esatta, ecc...

Il concerto poteva risalire a un periodo compreso tra il 1790 e il 1830 (almeno a giudicare dalla scrittura), ma Gaetano Ciandelli - allievo di Paganini - sarebbe dovuto nascere intorno al 1805..  A questo punto - confrontando date e altre pochissime informazioni, la congettura era che ci fossero due Ciandelli; Gaetano Ciandelli "senior" e Gaetano Ciandelli "junior", probabilmente lo studente di Paganini.  Ma ben presto ci si è resi conto che quella dei Ciandelli era un’intera famiglia di violoncellisti virtuosi!  Il Concerto in do maggiore ha una scrittura violoncellistica notevole, espressiva e di grande virtuosismo, anche estrema (un Re sovracuto molto oltre la tastiera che fino ad allora nessuno - o quasi - aveva raggiunto). Il Concerto è in tre movimenti e assai particolare è la presenza di due brevi recitativi che incorniciano il secondo movimento. Ho composto fermate e cadenze. Moje Bukura More è un bellissimo canto popolare che risale a circa 400 anni fa, sopravvive in due luoghi; l’Albania, dove viene ancora cantato e ha una base fortemente gipsy, e la Sicilia Arbereshe dove invece la componente sacra è più forte.

Giovanni Sollima

 

Programma

 

G. Sollima ,  Hell

G.B. Costanzi, Concerto in Fa maggiore

Tradizionale Albania/ Arbereshe di Sicilia, Moje Bukura More

G.B. Costanzi, sonata in Re maggiore

P. Rigano, De Arte Magnetica

Ciandelli, Concerto in do maggiore

G. Sollima, Fecit Neapolis

 

 

 

 

 

16 aprile  Oratorio di S. Cita a Palermo, ore 19,

 Titolo del concerto :  “Amore e Tempesta”

 

Solisti Martina Licari, canto , Andrea Rigano, violoncello, Alessandro Nasello, flauto

Arianna Art Ensemble

Margherita Pupulin, Andrea Lizarraga, violini

Sara Bagnati, viola

Marco Lo Cicero, contrabbasso

Cinzia Guarino, clavicembalo

Paolo Rigano, arciliuto e chitarra barocca

 

 

 

Il concerto prevede l’esecuzione di brani virtuosistici del repertorio barocco per voce e violoncello o flauto obbligati, sostenuti da un ensemble di archi e basso continuo.

I compositori di queste opere richiedono una notevole abilita’ tecnica ed espressiva ai loro solisti, chiedendo uguale impegno sia al cantante che allo strumentista. I brani cantati sono alternati a brani strumentali virtuosistici per violoncello, archi e continuo e flauto archi e continuo.

Sin dagli albori del barocco, voce e violoncello e voce e flauto sono stati compagni inseparabili. In questo concerto il suono del violoncello e del flauto si complementano elegantemente l’uno con l'altro, e quando il dialogo tra i due strumenti  “si accende” il violoncello o il flauto spingono la voce ai suoi limiti fisici.

Nel concerto cantanti e strumentisti si abbandonano a intensi “lamenti” e a straordinari scoppi di virtuosismo al fine di esaltare gli “affetti” del barocco

 

 

Antonio Vivaldi              Concerto in fa maggiore rv 433 op. 10 “la Tempesta di Mare”.   

Leonardo Vinci                Quell’usignolo che innamorato                                         

Antonio Vivaldi              il Gardellino                                                                                         

G. F. Handel                    Scherza infida                                                                                           

G. F. Handel                   Venti Turbini     

A. Vivaldi                          Concerto in la min RV 419   per cello, archi e continuo                                                A  Vivaldi:                                   Alma oppressa dalla fida ninfa                                                                              

G.F. Handel:                   What passion cannot music raise                                                                                                       

 

 

 

28 aprile, Oratorio di S. Cita a Palermo, ore 19 , Boris Begelman, violino e Andrea Buccarella, clavicembalo

Titolo del concerto :  “Le 6 Sonate per violino e clavicembalo BWV 1014 – 1019”

 

Il ciclo delle sei sonate “à Cembalo [con]certato è Violino solo” fu composto durante il periodo che Bach passò a Köthen, ovvero dalla fine del 1717 ai primi mesi del 1723, presso la corte del principe Leopoldo, dove prese servizio come maestro di cappella e direttore della musica da camera. Se è pur vero che il principe Leopoldo, lui stesso musicista e grande estimatore del talento di Bach, lo pagava bene e gli garantiva una considerevole tolleranza su ciòche componeva o suonava per lui, egli era calvinista e i severi principi di questa religione rifiutavano la musica liturgica eccessivamente elaborata. Per questo motivo la maggior parte delle opere che Bach compose in quegli anni fu di natura secolare: oltre alle numerosissime composizioni per organo e clavicembalo, risalgono a questo periodo i Concerti Brandeburghesi, le Suite Orchestrali, le sonate per violoncello e le sonate e partite per violino solo. Proprio in questo periodo così prolifico sul versante della musica strumentale, Bach elaborò una forma di nuova concezione: la sonata concertante per strumento a tastiera e strumento melodico, di cui sono un perfetto esempio le 6 sonate per cembalo e violino e le 3 sonate per cembalo e viola da gamba. La principale novità di questa nuova forma consisteva nel fatto che il clavicembalo non fosse relegato a mero accompagnamento del solista, come ad esempio nelle sonate per violino e basso continuo, ma che avesse un ruolo paritetico ad esso. La cura che Bach dedicò alla composizione delle 6 sonate per clavicembalo e violino è testimoniata inoltre dalle numerose revisioni apportate alle sonate in epoche più tarde, durante gli anni in cui il compositore era in servizio a Lipsia (intorno al 1725-1730 prima e poi nel 1749). Tutte le sonate sono scritte in forma di trio e seguono regolarmente la struttura canonica in quattro movimenti “all’italiana” (lento-veloce-lento-veloce). I movimenti rapidi constano di una rigorosa struttura simile a quella di una invenzione a tre voci con contrappunti intercambiabili. Le due voci soprane sono affidate al violino ed alla manodestra del clavicembalo, mentre quella bassa viene ovviamente affidata alla mano sinistra. Le tre voci dialogano ad armi pari, si intersecano e si scambiano in un dialogo serrato e senza tregua, come si addice alla migliore arte contrappuntistica del genio di Eisenach, con una naturale leggera prevalenza tematica nelle parti acute, dovendo necessariamente la voce grave assumere a volte le semplici funzioni di basso portante, e più raramente di un semplicebasso continuo numerato. E proprio in questa interscambiabilità, da Bach esplorata in lungo ed in largo, secondo i tracciati di tutte le sue possibili variabili, consiste uno dei maggiori pregi ed al tempo stesso una delle maggiori difficoltà dell’opera.

Programma

Sonata in do minore BWV 1017 per violino e cembalo

Preludio e fuga Sol maggiore BWV 860 per cembalo solo dal Primo

libro di Clavicembalo ben temperato 4’

Sonata in fa minore BWV 1018 per violino e cembalo 18’

Sonata  in Mi maggiore BWV 1016 per violino e cembalo 16’

 

 

7 Maggio, Oratorio di S.Cita ore 19

 Arianna Art Ensemble

Debora Troia, voce

Federico Brigantino, violino

Mario Crispi , strumenti a fiato etnici

Paolo Rigano, chitarra barocca

Silvio Natoli, colascione, bouzouki, oud

Cinzia Guarino, clavicembalo

Giuseppe Valguarnera, percussioni

 

 

Titolo del concerto :  “Le Terre di Ulisse”- Antiche musiche del Mediterraneo
 

 

Il concerto eÌ€ un viaggio musicale alla riscoperta delle antiche musiche del mediterraneo. Dodici miniature in musica, in un rincorrersi di echi e di rimandi, nell’interminato gioco di tradizione ed originalitaÌ€, nel succedersi di un canto festoso e di note languide e nostalgiche, di armonie vaporose, ricche di ritmi e contaminazioni. Esse ci ricongiungono alla memoria di luoghi che hanno sostenuto e tramandato le aspirazioni piuÌ€ generose e vitali degli umani; I brani musicali in programma, preceduti dai versi dell’Odissea che si riferiscono alle areee geografiche da cui essi provengono, sono il frutto di una ricerca musicologica sonora ed espressiva che si sviluppa in varie direzioni, attraverso un percorso che unisce brani e strumenti antichi europei a strumenti tradizionali di altre culture mediterranee. Per compiere questo viaggio ci siamo fatti ispirare da un grande amante del mare, dei viaggi e del mediterraneo: Ulisse. Omero nell’Odissea racconta il viaggio fantastico di Ulisse, frutto della sua vena poetica ed immaginazione, ma probabilmente anche dei racconti dei primi navigatori greci, che proprio nel periodo in cui si pensa sia stata scritta l’Odissea, cominciarono ad esplorare il Mediterraneo e a fondare le prime colonie in Italia. Questo concerto eÌ€ frutto della collaborazione tra l’Arianna Art Ensemble ed il polistrumentista Mario Crispi, musicista esperto di musica etnica e fondatore del gruppo musicale Agricantus, che suonera’ 10 strumenti a fiato etnici.
Questa mescolanza armoniosa, che eÌ€ metafora di integrazione culturale, viene proposta nell’ottica in cui solo attraverso la conoscenza e il rispetto delle culture diverse si puoÌ€ davvero costruire un punto di incontro ed un’atmosfera di pace e solidarietaÌ€ tra i popoli.musica e parole, attraverso la durata sempre in divenire delle cittaÌ€ del Mediterraneo, slargano l’orizzonte del nostro pensare e del nostro sentire e, nella mescolanza di generi e culture, ci invitano ad abitare un mondo di generosa fratellanza. 

 

Programma

Capona palermitana (Sicilia)

Durme durme (Turchia)

Yerakina (Grecia)
No potho reposare (Sardegna)

Fandango (Spagna)
O vui ch’un cori avistivu (Sicilia)

Adrar (Tunisia )
Gugutkino oro (Bulgaria)

Tarantella (Sicilia)
Lule lule (Albania)

 

 

14 Maggio Oratorio di S. Cita a Palermo ore 19, Ensemble Locatelli

Titolo de concerto : “Violoncello romano” Incursioni musicali del violoncello piccolo nell’Urbe del ‘700

 

Il programma proposto per questo concerto esplora il panorama della Roma di inizio ‘700, in cui la figura cardine fu sicuramente quella di Arcangelo Corelli. La pubblicazione delle sue sonate per violino Op. V infatti fissò in maniera eterna l’apoteosi dello stile italiano, e pose le basi per la moderna scuola violinistica che non soloa livello italiano ma in tutta Europa si sviluppò grandemente nei decenni a venire. Di grande successo, la collezione di sonate venne immediatamente adattata sia per altri strumenti (celebri e ormai presenti nei concerti odierni le versioni per flauto traversiere o per viola da gamba e continuo) sia per altri organici (sia Giovanni Benedetto Platti che Francesco Saverio Geminiani arrangiarono le sonate sotto forma di concerti grossi, con risultati di altissimo livello). In questo contesto non sorprende trovare all’interno di un manoscritto tedesco del XVIII secolo la Sonata n°9 in la maggiore, opportunamente trasposta per violoncello in sol maggiore per venire incontro alle diverse esigenze dello strumento. Curiosamente, nello stesso manoscritto trova posto, immediatamente dopo l’adattamento corelliano, una copia della sonata di Pietro Boni, violoncellista bolognese che lavorò con Corelli a Roma, dove pochi anni dopo la morte del Maestro pubblicò una collezione di sonate per violoncello e basso continuo in cui la matrice corelliana è evidente. Se tuttavia l’eredità di Corelli è chiara anche nella sonata per violino di Handel in la maggiore, composta probabilmente in gioventù, una figura a Corelli coeva ma che si differenzia dallo stile romano è quella di Alessandro Scarlatti. Considerato il capostipite della scuola napoletana e uno dei più influenti innovatori della scrittura orchestrale per archi, di lui ci sono tramandate 3 sonate per violoncello e basso continuo la cui autenticità ancora

divide musicologi ed esperti. Il movimento finale della terza sonata in do maggiore è molto simile a quello della sonata di Boni che proponiamo, a rimarcare come nonostante le due scuole (quella romana e quella napoletana) si siano evolute su due binari paralleli, le contaminazioni siano state evidenti. Lo strumento utilizzato per questo concerto, il violoncello piccolo, è una variante di un violoncello normale, da cui si differenzia per l’aggiunta di una corda più acuta che permette

di esplorare anche il repertorio originariamente per violino. Questa prassi di adattamento e trascrizione era molto in voga nel ‘700, anche se il violoncello piccolo è scomparso negli ultimi decenni di quel secolo in favore di nuovi strumenti più sonori e potenti.

 

 

 

Programma

Alessandro Scarlatti (Palermo, 1660- Napoli, 1725)

Sonata per violoncello e basso continuo n°3 in do maggiore

Largo - Allegro

Amoroso

Presto

Arcangelo Corelli (Fusignano, 1653 - Roma, 1713)

Sonata per violoncello piccolo e basso continuo in sol maggiore Op. V n° 9 (Roma, 1700)

(orig. Per violino, trascrizione per violoncello contenuta in un manoscritto tedesco del XVIII sec.)

Preludio – Largo

Giga – Allegro

Adagio

Tempo di Gavotta-Allegro

Bernardo Pasquini (Massa, 1637- Roma, 1710)

“Variazioni per il Paggio Todesco” per clavicembalo e tiorba

Pietro Giuseppe Gaetano Boni (Bologna, 1686 – Bologna, 1741)

Sonata per violoncello e continuo in fa maggiore Op.1 n°6 (Roma, 1717)

Adagio

Allegro

Adagio e alla francese

Allegro

Georg Friederich Händel (Halle, 1685 – Londra, 1759)

Sonata per violoncello piccolo e basso continuo in la maggiore Op. 1 n°3 (Amsterdam, 1730)

(orig. Per violino, trascrizione per violoncello piccolo di Thomas Chigioni)

Larghetto

Allegro

Adagio

Allegro

 

 

23 Maggio Oratorio di S. Cita a Palermo, alle ore 19 ,

Fabio Biondi ed Arianna Art Ensemble

 

Gabriele Pro,   Raffaele Nicoletti , violini

Giorgio Chinnici, viola

Andrea Rigano, violoncello

Marco Lo Cicero, contrabbasso

Cinzia Guarino, clavicembalo

Paolo Rigano, arciliuto e chitarra barocca

Angelo Caruso, Michele Spadaro, corni

Fabio D’Onofrio, Mariagrazia D’Alessio, oboi

Alessandro Nasello, fagotto

 

 

Uno dei concerti di punta della programmazione dell’Associazione MusicaMente è quello che vede protagonista il violinista di fama internazionale Fabio Biondi, fondatore di Europa Galante, uno degli ensemble di musica barocca piu’ richiesti al mondo. In questa occasione dirigera’ e suonera’ con L’Arianna Art Ensemble, con la sua formazione completa.Georg Philipp Telemann, probabilmente il compositore più prolifico nella storia della musica con oltre tremila opere di cui circa centoventicinque suite orchestrali, per due volte nella sua lunga carriera prende ispirazione dal “Don Chisciotte”, il celebre romanzo di Miguel de Cervantes. Nel 1761, all’età di ottant’anni, compone “Don Quichotte auf der Hochzeit des Comacho” (Don Chisciotte al matrimonio di Comacho), opera in un atto rappresentata il 5 novembre di quell’anno ad Amburgo, e una Suite per orchestra che si suppone sia stata scritta intorno al 1720.

L'epoca di composizione della prima suite orchestrale di Bach non è chiara. Alcuni studiosi, in base a considerazioni stilistiche, la collocano durante i primi anni della permanenza di Bach alla corte di Cöthen, intorno al 1719.[1][6] Altri, invece, come il musicologo Henry Schmidt, la datano non prima del 1725. Questa post-datazione è basata sul fatto che l'opera sarebbe stata realizzata sulla falsariga del corale Dir, dir, Jehovah, will ich singen BWV 299, presente nel Piccolo libro di Anna Magdalena Bach del 1725, tenendo presente che molte volte Bach riutilizzò musica sacra per scopi profani, ma non riutilizzò mai musica profana per scopi sacri.

Vincer se stesso è la maggior vittoria è la prima opera che il giovanissimo Händel compone in Italia, a Firenze, dove, nel 1707, viene eseguita al Teatro del Cocomero (poi Niccolini) sotto il patrocinio di Ferdinando de’ Medici. Rodrigo, il titolo con cui è comunemente conosciuta, è stato attribuito dai biografi del compositore sassone. Il libretto, di autore rimasto sconosciuto, è tratto dal testo di Francesco Silvani scritto per l’opera Il duello d’amore e di vendetta di Marc’Antonio Ziani; la musica, creduta persa per lungo tempo, è stata ritrovata negli anni ’90 del secolo scorso, seppure non nella sua interezza.

 

 

Programma

 

Georg Philipp Telemann -  Don Quixote Suite, TWV 55-G10

J S Bach -   Suite per orchestra n. 1 in Do maggiore BWV 1066

J S Bach  - Violin Concerto in G minor, BWV 1056R

J F Haendel - Suite dall’Opera  “Rodrigo”

 

 

 

4 Giugno Oratorio di S. Cita a Palermo,  ore  19,  “Quartetto Altemps”

Titolo del concerto: “Il fascino del minore”

 

 

 

Il Quartetto Altemps nasce dall’incontro di quattro musicisti con una grande esperienza nella prassi esecutiva storica e il comune intento di proporre una differente lettura del grande repertorio classico e romantico, attraverso un’impostazione innovativa e originale. Con l’approccio che negli ultimi decenni ha rivoluzionato la concezione e l'interpretazione della musica sei-settecentesca, il Quartetto intende affrontare il repertorio con lo spirito di un musicista dell'epoca che esegue musica nuova.

Con lo sguardo in avanti e non a ritroso. A fondamento di questo lavoro c’è lo studio e la comparazione delle fonti originali, manoscritti o prime edizioni dell’epoca. La lunga pratica e l'approfondita competenza che i quattro musicisti hanno maturato all'interno di ensemble di fama internazionale, come Il Giardino Armonico, Europa Galante, Kammerorchester Basel, I Barocchisti, Il Suonar Parlante, li ha portati ad intraprendere questo percorso cameristico con una particolare consapevolezza stilistica e profondità esecutiva.

 

Programma

Franz Joseph Haydn (1732-1809)

Quartetto op. 20 n. 5 in Fa minore

 

Johannes Brahms (1833-1897)

Quartetto op. 51 n. 1 in Do minore

 

 

10 settembre Oratorio di S. Cita a Palermo, ore 19,  Basilio Timpanaro e Marco Lo Cicero

Titolo del concerto : “Le sonate per viola da gamba e clavicembalo di J.S. Bach”

 

 

 

 

 

 

Come le Sonate per violino e cembalo concertato, le tre Sonate per viola da gamba e clavicembalo (BWV 1027-1029) costituiscono uno di quei cicli organici in ognuno dei quali Bach compie una esaustiva esplorazione delle potenzialità tecniche ed espressive di uno strumento o di un gruppo di strumenti. In particolare, a differenza della tradizionale sonata barocca per strumento solista e basso continuo, in cui è lo strumento ad arco o a fiato a svolgere la funzione solistica, Bach crea, per primo, la Sonata per cembalo obbligato o concertato, una struttura musicale moderna in cui alla mano destra del cembalo viene affidata una parte già scritta per esteso con funzione solistica alla pari dello strumento melodico. Il risultato complessivo è quindi simile ad una triosonata, in cui la parte “obbligata” della mano destra sostituisce un secondo strumento melodico.

Le Sonate per viola da gamba e clavicembalo condividono, dunque, con le sonate per violino struttura e tipo di scrittura e sono al pari di quelle dei capolavori assoluti della musica da camera di Bach; scritte a Lipsia tra la fine degli anni '30 e l'inizio dei '40 del '700, quindi in un periodo successivo a quelle per violino (composte a Cöthen tra il 1720 e il 1723), sono anzi considerate da parte di alcuni critici perfino artisticamente superiori a quelle.

Il programma è completato e arricchito da uno dei più famosi e amati capolavori dell’intero repertorio solistico per clavicembalo: il Concerto italiano (Concerto nach Italienischen Gusto), che rappresenta il brillante adattamento alla tastiera dello stile di concerto italiano (preceduto in ciò dalle trascrizioni dei concerti di Vivaldi). Esso, insieme all’Ouverture nach französischer Art (trasposizione alla tastiera della tradizionale Ouverture orchestrale alla francese), fa parte della seconda parte della Klavierübung, in cui Bach raggiunge le massime vette nell’ambito della musica per tastiera e della sua capacità di assimilare e fondere in una più alta sintesi gli Stili nazionali della musica barocca.

 

 

PROGRAMMA

 

Johann Sebastian Bach (1685-1750):

Sonata I, in Sol Magg., BWV 1027 :

Sonata III, in Sol min., BWV 1029:

Concerto italiano, BWV 971 (per cembalo solo) :

Sonata II, in Re Magg., BWV 1028:

 

 

24 settembre,  Teatro Fontarò ore 19.00  INSIGHT LUCREZIA

da una scrittura originale di ANTONELLA CILENTO, con: NUNZIA ANTONINO Lucrezia

Ensemble ORFEO FUTURO

LUCIANA ELIZONDO viola da gamba e canto

GIOVANNI ROTA violino

PINO PETRELLA liuto/tiorba

GIOACCHINO DE PADOVA viola da gamba, direzione musicale

ADRIANA GALLO servetta

ANTONELLA RUGGIERO assistente alla regia

BRUNO SORIATO spazio scenico

LUIGI SPEZZACATENE costumi

BEPPE STRAFELLA amministrazione

ANGELO PICCINNI assistenza tecnica

GIANVINCENZO CRESTA composizioni originali ed elettronica

CARLO BRUNI regia

 

 

 

 

Programma

Diego Ortiz: Passamezzo Antico (1553); Juan del Encina: Mas Vale Trocar (1520); Antoin de Busnois: Fortuna

Desperata (1480); Anonimo: Si la noche haze escura (dal Cancionerio de Uppsala, sec. XVI); Anonimo: Con que

la Lavaré (idem); Andrea Falconieri: Suave Melodia e sua Corrente (1630).

realizzata con la collaborazione di Cantieri Teatrali KOREJA – l’AMOROSO - KUZIBA Teatro

sistemaGaribaldi progetto teatrale di rete - Circolo dei lettori/Presidio del libro di Bisceglie

 

La scena fantasmatica evoca la festa di nozze di Lucrezia Borgia con Alfonso D’Este a Ferrara. La preparazione, il rituale, i rapporti con gli invitati favoriscono una ricognizione della sua vita. L’ambiente è caratterizzato dalla presenza di un trono che suggerisce anche la funzione di confessionale, ma davanti una ribalta evoca evidentemente il Teatro, con orchestra di musici annessa per completare la rappresentazione del già avvenuto. La musica non “accompagna”,interagisce e talvolta interferisce: si manifesta nella presenza in “buca” dei musici, eppure anch’essa

abita Lucrezia, le sta dentro. Lucrezia, condannata a recitare una parte, è pegno di guerra ma anche inarrestabile soldato in politica: tutta la sua vita di donna, di figlia, moglie, amante e madre “fattrice”, la schiaccia in un destino femminile che le sta stretto ma cui non può sfuggire. Ricordi e relazioni scorrono nel suo discorrere con i fantasmi della serata.

Dentro Lucrezia si agitano voci, presagi, immagini di eventi futuri: l’incontro con la competitiva cognata Isabella, marchesa di Mantova, i precedenti mariti: Giovanni da Pesaro e Alonso di Bisceglie, la presenza ingombrante del padre, papa Alessandro VI, e del Valentino, suo fratello Cesare Borgia.

La festa si svolge fra infinite portate e rappresentazioni teatrali. Dall’infanzia alla maturità, scorrono le ossessioni di Lucrezia: l’uccisione del fratello Juan, le relazioni forzate e quelle amate, i figli, perduti e avuti. “Gravidanze” destinate al fallimento. L’abito indossato per affrontarla fa presto sentire il suo peso: quell’insopportabile peso del potere che subisce ed esercita nel tentativo disperato di scrollarsi di dosso il pregiudizio o semplicemente la colpa d’essere se stessa.

 

 

15 ottobre Teatro Fontarò  alle ore 19  “Viaggio in musica e versi nell’opera di Calderon de la Barca”

 

 

 

Attori

Enrico Stassi

Dario Frasca

Silvia Di Giovanna

 

Musicisti

Martina Licari canto

Paolo Rigano chitarra barocca e arciliuto

Cinzia Guarino clavicembalo

Marco Lo Cicero viola da gamba

 

Regia di Gianfranco Perriera

 

“O leggiadra, e composta, bellezza – scriveva Calderon de la Barca - tu sei lo stupore del mondo”. La rutilante e musicalissima poesia del principale autore del siglo de oro è sempre stata, insieme, un inno appassionato e un avvertimento preoccupato delle apparenze del mondo. Tutto può essere un ingannevole sogno – pare suggerirci – ma proprio nel sogno si disvelano le profondità dell’animo umano e, allora, il fascino del desiderio può condurre gli

umani alla perdizione. Combinare la potenza della musica eseguita dal vivo con l’inventiva scenica e metaforica delle parole di Calderon è il modo più intenso di vivificare l’opera di un gigante della drammaturgia. La musica del seicento – con alcune riscritture contemporanee – si alternerà e sosterrà l’interpretazione degli attori, che, come fantasmi riccamente agghindati, provenienti da un’altra epoca, daranno voce – combinando nella riscrittura scenica due opere, La vita è sogno e Il gran teatro del mondo - al fantasioso mondo dell’autore spagnolo. Allo specchio dell’Autore (del mondo e della piéce, nella vertiginosa metafora del drammaturgo) si presentavano, allora, essenze e personaggi: provavano a praticare la virtù o almeno vi aspiravano e tante volte la sbugiardavano o la fingevano; esecravano i vizi, e, altrettante volte, li mascheravano o vi indulgevano, con più o meno disinvolta ipocrisia. Allo specchio delle vetrine social, ai nostri giorni, gli umani o i loro avatar espongono e rimirano il loro fascino e i loro timori, le loro ansie e le loro brame. Come quella attuale, anche l’epoca barocca era un’epoca della fascinazione dello sguardo: lo sfavillio ammaliante delle cose celebrava la bellezza ma insieme si faceva accattivante esperienza sensibile e seducente sirena dei desideri. Come in quella attuale, anche in epoca barocca il deus appariva absconditus e il mondo vero diventava favola e la favola mondo vero - come predisse Nietzsche sul finire dell’ottocento – gettando i mortali nel labirinto dell’incertezza, tra vertigine della catastrofe e speranza di salvezza. Un concerto per strumenti e voci recitanti, sulle parole di Calderon de la barca, diviene quindi un’occasione di riflettere sui nostri tempi attraverso lo splendore ammaliante dei suoni e delle apparizioni.

 

29 ottobre ore 19,00

Oratorio di S. Cita, Arianna Art Ensemble

Titolo del concerto: Settimino di Beethoven

Mauro Massa violino

Giorgio Chinnici viola

Andrea Rigano violoncello

Marco Lo Cicero contrabbasso

Tindaro Capuano clarinetto

Alessandro Nasello fagotto

Angelo Caruso corno

 

 

 

 

 

 

 

Il Settimino di Beethoven  contiene un perfetto dosaggio di tutti gli ingredienti dell'intrattenimento puro, trattati con perfetta sapienza tecnica, squisito gusto del disimpegno, deliberata voglia di "piacere". L'introduzione lenta che apre il primo movimento propone già violino e clarinetto come strumenti-guida, in un Adagio di succinta ma densa costruzione. Si passa così all'Allegro con brio, in forma sonata, aperto da un motivo ritmicamente scattante e scorrevole, esposto dal violino e ripreso dal clarinetto; il secondo tema non si pone in conflitto, ma in perfetta continuità con la prima idea, e la logica del movimento risiede così nel garbato dialogare fra i vari strumenti, in un clima di spensierata melodiosità. Non a caso la breve sezione dello sviluppo punta non già sulla tecnica di elaborazione del materiale, ma sulle variazioni coloristiche dei due temi principali. Segue un Adagio cantabile, anch'esso in forma sonata, dove il clarinetto presenta tornite e levigate linee melodiche, riprese da violino e fagotto; non mancano anche qui i giochi timbrici, con la contrapposizione di archi e fiati e l'emergere a tratti dei vari strumenti in funzione solistica; e tutto il movimento va in cerca di quelle atmosfere soffuse che caratterizzano gli adagi delle serenate di Mozart.

Celeberrimo è il Minuetto, che riprende il secondo tempo della Sonata per pianoforte op. 49 n. 2; vi si affaccia - anche nelle fioriture di corno e clarinetto che impreziosiscono il Trio - quel gusto del manierismo che diventerà uno stilema nel Beethoven maturo. Come quarto movimento troviamo una serie di cinque variazioni, basate su una melodia che è probabilmente una canzone popolare del basso Reno; le variazioni si sviluppano seguendo una logica decorativa, che pone in risalto di volta in volta uno strumento o un gruppo di strumenti; non manca, in penultima posizione, una variazione nel modo minore. Aperto dal corno, lo Scherzo deve il suo carattere brillante principalmente al ritmo danzante e al fraseggio spezzato fra diversi cori strumentali; nel Trio emerge la melodia di valzer del violoncello. Il finale si apre nuovamente con una breve introduzione lenta, che questa volta ha il carattere severo di una marcia funebre, per accentuare il contrasto con la sezione successiva; segue infatti un Presto in forma sonata, percorso da una incessante propulsione ritmica, dove i due temi principali hanno il medesimo carattere giocoso; nello sviluppo, quasi interamente in minore, si stagliano serrati inseguimenti contrappuntistici; una elegante cadenza solistica del violino si inserisce prima della ripresa, e una coda brillantissima conclude il movimento e il Settimino, riaffermando lo studiato vitalismo di questo Beethoven "ancien regime".

 

 

8 Novembre Oratorio di S. Cita a Palermo,  ore  20.45   ENRICO BAIANO

Titolo del concerto :  «Mille fughe, pause e riprese» Maestri napoletani del secolo XVII

 

 

 

Nel XVII secolo Napoli è uno dei centri di attività artistica più vivaci in Europa: la Corte, la Chiesa, le famiglie della nuova nobiltà di toga - in competizione con quelle dell’antica nobiltà di spada - rivaleggiano nel commissionare opere d’arte, promuovere spettacoli e manifestazioni. Il temperamento musicale napoletano è da sempre incline alla speculazione, alla sperimentazione ed alle soluzioni sorprendenti (si pensi a Gesualdo e alla sua cerchia), e si

esprime in maniera così nuova e originale da lasciare interdetti i forestieri. Per esempio il gentiluomo francese Jean-Jacques Bouchard, che visitò Napoli nel 1632 subito dopo aver soggiornato a Roma, scrisse: « […] la musica napoletana eccelle principalmente per l’invenzione di mille fughe, pause e riprese, e soprattutto attraverso i movimenti bizzarri e allegri […]; il cantante napoletano è squillante e come duro, non troppo allegro in verità, ma fantastico e scervellato, piacevole solo per quel suo movimento pronto, svagato e bizzarro, che ha molto di air francese. E si può dire che il canto napoletano sia un misto d’aria francese e siciliana, da un lato per i suoi movimenti leggeri, dall’altro per i suoi sospiri e le sue tirate melanconiche [;] essendo per il resto stravagantissimo per quanto riguarda i passaggi, la continuità e l’uniformità, ch’egli non osserva minimamente, correndo, poi arrestandosi all’improvviso, saltando dal basso in alto e dall’alto in basso, e buttando fuori con forza tutta la voce per poi ritirarla di colpo; ed è proprio in hoc frequenti mutatione et reciprocatione latitudinis seu crassitudinis, et exilitatis vocis che si riconosce il canto napoletano».

Altrove Bouchard afferma che «Tutti i Napoletani sono stranamente scervellati [cioè istintivi, irrazionali], e hanno un grano di follia. Questo è una specie di spirito proprio come quelli di Guascogna, e io non vidi mai due nazioni più rassomigliarsi di queste due». Un altro aspetto importante della scuola napoletana è l’elaborazione di una scrittura strumentale nuova, difficile e bizzarra, che ha pochi paralleli nella produzione coeva.

 

Programma

 

GIOVANNI DE MACQUE

(1548? - 1614)

Capriccio sopra re fa mi sol

Seconde Stravaganze

Capriccietto 1

ASCANIO MAYONE

(1570? – 1627)

Toccata Seconda - Canzona Francese Quarta 2

Toccata Prima 3

GIOVANNI MARIA TRABACI

(1575 – 1647)

Canzona Franzesa Quarta - Gagliarda Quarta 4

GREGORIO STROZZI

(1615? – 1687?)

Balletto Secondo

Toccata Seconda del Primo Tono 5

GIOVANNI SALVATORE

(1630? - 1688?)

Corrente Prima

Toccata Seconda del Nono Tuono naturale

Canzona Francese Seconda del Nono Tuono naturale 6

ALESSANDRO SCARLATTI

(1660 – 1625)

Partite sopra Follia 7

 

 

 

 

5 Dicembre, Chiesa di S. Ignazio all’Olivella, ore 20.45 Ensembles  Antonio il Verso & Eufonia, Arianna Art Ensemble

Fabio Ciulla, direttore

Titolo del concerto : Da Napoli a Palermo, Musica nell'oratorio di San Filippo Neri all'Olivella

 

 

Nel XVIII sec. Napoli non è solo stato un grande centro di produzione musicale ma anche una città di diffusione di musica scritta. La musica viaggiava per lo più manoscritta, centri specializzati di copiatura e spedizioni erano vere e proprie aziende di propagazione di composizioni della prolifica e fortunata scuola napoletana.

Anche Palermo beneficiava di questa divulgazione; ne è un esempio la congregazione di San Filippo Neri che conserva un fondo musicale e che è testimone della circolazione della musica nel Regno delle Due Sicilie.

Non solo nella grande chiesa di S. Ignazio ma anche nell’Oratorio attiguo di San Filippo la musica della scuola napoletana risuonava.

L‘archivio musicale dell’Olivella è stato appena riordinato ed è buona cosa far riecheggiare. Occasione è questo programma che contiene diversi brani tratti dall’archivio che sono stati appositamente trascritti  e che daranno un prezioso esempio delle qualità artistiche e musicali circolanti a Palermo.

 

Programma

Gaetano Veneziano (Bisceglie, 1665 – Napoli, 1716) 

Sinfonia da  Gioseppe adorato dai suoi fratelli

 

David Perez (Napoli, 1711 – Lisbona, 1778)

Dixit a 4 v. archi e b.c.

 

Domenico Cimarosa  (Aversa, 1749 – Venezia, 1801)

Laudate Pueri per soprano e ripieni a 4 e 5 voci

 

Giuseppe M. Bertini  (Palermo, 1759 – 1852)

 Offertorio per li s. Santi Martiri Antimo, Macario e Comp.ni/a Voce sola di Soprano con più strumenti obligati

 

Giovan Battista Pergolesi (Jesi,1710 – Pozzuoli,1736)

Laudate Pueri per soprano, ripieni a 4 e 5 voci e strum

 

 

 

 

 

 

 

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